Come noto l’emergenza epidemiologica di COVID 19 ha comportato la necessità di adottare, da parte delle autorità competenti, una serie articolata di misure di contenimento che hanno dapprima fortemente limitato e successivamente precluso, la possibilità di operare da parte della totalità dei SODALIZI SPORTIVI.

Questa situazione, inedita per gravità, oggettivamente imprevedibile ed assolutamente indipendente dalla volontà delle nostre SOCIETA’ AFFILIATE, ha comportato un forte stato di sofferenza economica da parte degli operatori del settore sportivo, aggravato dall’impossibilità di predire con minima certezza un termine ultimo del fermo, imposto dalle Autorità competenti, per ritornare al regolare svolgimento delle proprie attività sportive dilettantistiche.

In questo quadro, il Decreto “cura Italia” ha proposto alcune misure specificatamente dedicate al mondo sportivo tra i quali l’art. 95 relativo alla possibilità, per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, di sospendere i canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali. I versamenti dei predetti canoni potranno quindi essere effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020, o mediante rateizzazione in massimo 5 rate mensili di pari importo a decorrere da giugno 2020.

Alla luce della vigente normativa per Impianto sportivo si dovrà intendere ogni luogo opportunamente conformato ed attrezzato per la pratica di discipline sportive regolamentate dalle Federazioni Sportive Nazionali e dalle Discipline sportive associate ai vari livelli, anche internazionali, tanto per attività agonistiche (impianti sportivi c.d. agonistici) che per attività non destinate all’agonismo e, pertanto, propedeutiche, formative o di mantenimento delle suddette discipline sportive (impianti sportivi c.d. di esercizio). Nella nozione di impianto la norma prevede, infine i c.d. impianti sportivi complementari ovvero quelli destinati esclusivamente alla pratica di attività fisico-sportive non regolamentate dalle Federazioni o dalle Discipline Associate, aventi anche finalità ludico ricreative e di benessere fisico o di attività terapeutica o riabilitativa. Chiarito ciò è evidente che solo gli Enti Sportivi che abbiano in locazione o concessione una struttura inquadrabile come impianto sportivo di proprietà dello Stato o di un Ente Pubblico territoriale godranno della sospensione.

NOTA BENE: In decreto non viene specificato se tale vantaggio possa essere ad appannaggio anche dei sublocatori, ove tale forma sia stata prevista contrattualmente.

Il problema però si pone per i tanti Enti Sportivi che hanno in locazione beni di proprietà privata e per i quali, evidentemente, non operando l’art. 95 del Decreto Cura Italia e rientrando in uno schema contrattuale di tipo privatistico in cui lo Stato non può ingerire, si dovrà ricorrere, prima ancora che al buon senso e all’accordo fra le parti, a quanto stabilisce il codice civile e la normativa, anche fiscale, di settore.

E’ bene però, prima di tutto, ricordare che negli Enti sportivi di tipo associativo, opera primariamente, in mancanza di personalità giuridica, l’art. 38 cod. civ. a ragione del quale per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro
diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione.

Ciò detto la norma cardine da prendere in considerazione è innanzitutto l’Art. 1571 cod. civile che definisce la locazione come il contratto con cui una parte, detta locatore, si obbliga a far godere all'altra parte, ossia al conduttore o locatario o inquilino, una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (il canone locatizio). A ciò si aggiunga l’ulteriore normativa speciale disciplinata dalla legge 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta “legge sull’equo canone”), Legge 9 dicembre 1998 n. 431 e D.M. Infrastrutture e Trasporti 16 gennaio 2017.

Preso atto che tutti gli schemi contrattuali locatizi (civile abitazione e commerciali) si fondano sul consenso delle parti, hanno effetto obbligatorio, prevedono prestazioni corrispettive (onerosità per il conduttore), ciò che però qui interessa è se, ed in quali casi, si possa legittimamente sospendere il pagamento dei canoni, al pari di quanto statuito dal decreto emergenziale, evitando le conseguenze che comporterebbe la violazione degli accordi contrattuali nella sua forma più drastica rappresentata dallo sfratto per morosità.

Difatti il conduttore, con la sottoscrizione del contratto di locazione, sarà tenuto al risarcimento del danno ogni qualvolta non esegua esattamente la prestazione (Art. 1218 cod. civile – responsabilità del debitore).

Pertanto, la prima cosa che occorre fare è analizzare il contratto stipulato e proprio perché ci si trova di fronte ad un “accordo fra le parti”, può essere una valida soluzione quella di proporre al locatore un accordo in deroga a quanto sottoscritto e ciò, evidentemente, in ragione dello stato emergenziale in essere e per i noti principi di correttezza e buona fede che dovrebbero sorreggere – oggi più che mai – i rapporti interpersonali, ancorché di tipo commerciale. La situazione sanitaria ha infatti determinato la necessità di una normativa emergenziale, della quale fanno parte vari decreti ministeriali nonchè del Consiglio dei Ministri.

In tale situazione di fatto e di diritto, anche qualora la parte locatrice non intendesse accordare alcuna deroga (sospensione dei pagamenti o riduzione dei pagamenti) ci possono comunque venire in supporto altri istituti del codice civile.

 Vediamo di inquadrare una casistica:

  1. L’Ente ritiene di non poter proseguire oltre le proprie attività decretando procedendo a risoluzione anticipata del rapporto locatizio;
  2. L’Ente, volendo proseguire il rapporto locatizio, è però in grado solo parzialmente di far fronte al pagamento dei canoni con il proprio fondo comune;

Come già detto se è pur vero che l’Art. 1218 cod. civile impone l’esatto rispetto dell’accordo (pacta sunt servanda) è fondamentale precisare che il debitore è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'inadempimento o il ritardo e' stato determinato da impossibilita' della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Si badi bene. Anche in questo caso l’obbligazione principale (pagamento del canone) rimarrebbe immutata venendo semmai a cadere, se debitamente provato, un diritto al risarcimento in capo al locatore.

Nel caso per impossibilità sopravvenuta della prestazione invocata ai sensi dell’Art. 1256 del cod. civile, è previsto che l'obbligazione si estingua quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventi impossibile.

Orbene, come noto lo stato emergenziale ha imposto espressamente che le attività presso le palestre, centri sportivi e fitness, scuole di danza, piscine e, più in generale, tutti i luoghi aggregativi pubblici e/o privati venissero sospese su tutto il territorio nazionale per contenere il virus, sospensione (e non chiusura) prescritta sino al 3 Aprile.

Sotto il profilo giuridico è evidente che i recenti provvedimenti emergenziali possono aver inciso sulla capacità di eseguire le prestazioni contrattuali, determinando l’impossibilità sopravvenuta di adempiere, ai sensi dell’art. 1256 c.c., in quanto rientrano nella fattispecie del c.d. “factum principis”. Quest’ultima rappresenta una ipotesi di forza maggiore che ricorre quando determinati provvedimenti legislativi o amministrativi, emanati dopo la conclusione del contratto per interessi generali (come appunto la tutela della salute pubblica), rendano oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione, in modo temporaneo o definitivo, indipendentemente dalla volontà dei soggetti obbligati.

Da qui un’ulteriore questione, ovvero se siamo di fronte ad una impossibilità temporanea (come tutti ci auguriamo) dell’uso dei locali (regolata dall’Art. 1256 cod. civile) ovvero ad una impossibilità parziale (regolata dal successivo art. 1258 cod. civile).

A parere di chi scrive dirimente sarà da un lato l’oggetto del contratto (o meglio l’uso indicato nel contratto dei locali oggetto di locazione) e, dall’altro, se nonostante la sospensione siano o meno stati usati i locali associativi (ad esempio la zona segreteria piuttosto che l’area sportiva per lavori di ammodernamento/ristrutturazione).

Nel caso di impossibilità solo temporanea, così come previsto dal 2 co. dell’Art. 1256 cod. civile, e finché essa perdura, il debitore sarebbe liberato solo dalla responsabilità per il ritardo nell'adempimento per l’esimente di cui sopra. Il successivo co 3, invece, precisa che se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla, l'obbligazione si estingue.

Diversamente, invece se si è fatto uso dei locali seppur parzialmente, si potrebbe ragionevolmente richiedere una riduzione del canone di locazione in forza dell’Art. 1258 cod. civile il quale, per l’appunto, dispone che (… ) “Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. (…).

Decisamente più drastica, infine, l’ipotesi contemplata dagli Artt. 1463 e 1464 co,d civile poiché, in questo caso, l’impossibilità sopravvenuta non andrebbe ad incidere sulla singola obbligazione ma sull’intero contratto. L’art. 1463 del codice civile prevede infatti che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non possa chiedere la controprestazione, e debba restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito (in estrema sintesi restituzione del bene).

L’art. 1464 del codice civile che prevede che quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l'altra parte abbia diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e possa recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.

La giurisprudenza di merito ha però avuto modo di precisare che la pretesa di ridurre o sospendere il pagamento del canone per estinzione del rapporto dovuto a parziale impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1464 c.c. per problemi inerenti, appunto, la destinazione del bene, in mancanza di riferimenti specifici alla destinazione sia in sede di contratto sia nei successivi eventuali patti modificativi, non può rappresentare, nel sinallagma contrattuale, un elemento essenziale tale da giustificare l’uso dell’istituto in parola.

Inoltre, nella denegata ipotesi che la crisi perduri, si potrebbe addirittura concretizzare l’ipotesi di eccessiva onerosità per il conduttore ai sensi dell’Art. 1467 Cod. Civile o di recesso per gravi motivi ai sensi dell’art. 27 Legge n.392/1978 (ove non legittimamente derogato nel contratto). Ma il tutto, ovviamente, vagliando attentamente caso per caso e sempre che, si ribadisce, l’emergenza abbia oggettivamente pregiudicato anche solo un uso parziale dei locali. Si faccia il classico esempio dell’Associazione che abbia in locazione da privato solo ed esclusivamente un campo da calcio.

Dal punto di vista vista fiscale va inoltre segnalato che la modifica dei rapporti locatizi che preveda una riduzione del canone di locazione è esente tanto da imposta di bollo quanto da imposta di registro ai sensi dell’articolo 19 del D.L. n. 133/14 (conv. in Legge n. 164/2014).

In conclusione.

Per le locazioni o concessioni con lo Stato o Enti Territoriali potrà trovare applicazione la sospensione dei canoni di cui all’Art. 95 del Decreto Cura Italia, pertanto non ci sarà nemmeno l’opportunità di “trattare” con l’Ente per un’eventuale sospensione o riduzione del canone locatizio o concessorio (si pensi alle corsi d’acqua).

Per le locazioni “private”, invece, sempre in assenza di eventuali specifici decreti in materia, bisognerà prima di tutto verificare quanto statuito nel contratto sociale e nel contratto di locazione. Appurata la reale situazione finanziaria quantomeno con i membri del Consiglio Direttivo si potrà procedere ad una rinegoziazione del canone di locazione per un diverso piano dei pagamenti ovvero una diminuzione. Se appositamente e rigorosamente provato si potrà anche evitare di dover rispondere da inadempimento per omessa e/o ritardata esecuzione della prestazione. Si auspica, in ogni caso, che nessuno degli Enti Associativi debba ricorrere all’ipotesi più drastica di una risoluzione contrattuale.

Riportiamo in calce n. 2 modelli, corredati da tutti i principali riferimenti normativi, ideati, anche nella forma, come primo tentativo per gestire “in bonis” il rapporto con il locatore, preferendo mantenere il rapporto tra i firmatari contrattuali e dando alla missiva una dimensione di condivisione fra le parti della problematica, con la convinzione che sia obiettivo comune non risolvere il contratto, ma addivenire ad una nuova negoziazione dei suoi termini economici, al fine di superare insieme il gravissimo periodo di crisi.

SI RACCOMANDA COMUNQUE DI FARSI ASSISTERE DAL PROPRIO LEGALE DI FIDUCIA